La delega CIVA ai consulenti per le attrezzature e impianti

Hai difficoltà ad utilizzare l'applicativo CIVA di INAL? La soluzione è la delega ai consulenti per le attrezzature e impianti.

L’applicativo CIVA è il portale messo a disposizione da INAIL per gestire una serie di pratiche connesse alle verifiche di impianti e attrezzature. Il suo utilizzo non è sempre immediato e diverse aziende segnalano difficoltà. Una soluzione al problema può essere la delega ai consulenti per le attrezzature e impianti prevista proprio dallo stesso CIVA.

I soggetti che possono operare su CIVA

L’accesso a CIVA si trova nell’area riservata del sito INAIL (i cosiddetti Servizi online). Le funzionalità di CIVA sono disponibili per i soggetti che accedono ai servizi online di INAIL con uno di questi profili:

  • legale rappresentante di un’azienda;
  • delegato ai servizi;
  • consulente per le attrezzature e impianti.
L'accesso a CIVA si trova nell'area riservata del sito INAIL: per accedere serve avere profili di accesso specifici.

Delega CIVA al consulente per le attrezzature e impianti: come si attiva?

Il profilo “consulente per le attrezzature e impianti” può essere abilitato dal rappresentante
legale o dall’amministratore delle utenze digitali dell’azienda e richiede l’inserimento di nome e cognome e codice fiscale del soggetto che si vuole delegare. L’unico requisito è che il professionista che si vuole delegare abbia già effettuato almeno una volta l’accesso all’area riservata del sito INAIL, prima che l’azienda proceda all’inserimento dei suoi dati ai fini della delega.

Consulente per le attrezzature e impianti: cosa può fare?

La delega come consulente per le attrezzature e impianti permette al delegato di accedere agli applicativi Emissioni Acustiche e CIVA per conto dell’azienda da cui è stato delegato. Questo profilo impedisce l’accesso ad altre funzionalità, quindi non interviene sulla gestione del rapporto assicurativo.

Tutte le persone abilitate per CIVA per una determinata azienda, sia nel profilo consulente sia negli altri profili, accedono a tutti i dati dell’applicativo, storici e relativi alle domande in corso.

Dato che un professionista può avere accesso a INAIL per questioni personali e può ricevere delega come “consulente” da più aziende, in fase di accesso dovrà selezionare sia il profilo di interesse (Consulente per le attrezzature e impianti) sia la ditta per cui vuole operare, così che le operazioni e le pratiche facciano riferimento alla ditta di interesse.

L’introduzione di una delega come consulente, non esclude la possibilità agli altri profili di operare su CIVA. Tutte le persone abilitate per una determinata azienda, sia nel profilo consulente sia negli altri profili, accedono a tutti i dati dell’applicativo, storici e relativi alle domande in corso. In particolare ciascuno dei soggetti abilitati può agire sulle pratiche in corso, indipendentemente da chi ha inserito la domanda. Attenzione quindi a non fare confusione, e a concordare nei dettagli chi dovrà agire su una determinate pratica!

Le qualifiche PES PAV PEI, spiegate

L'elettricità luminosa. Il rischio elettrico deve essere affrontato da personale qualificato PES PAV PEI.

Nell’ambito dei lavori elettrici vengono utilizzate diverse sigle per distinguere la qualifica dei lavoratori in termini di formazione, esperienza e affidabilità in relazione alla gravità del rischio. Conoscere la differenza tra PES PAV PEI e PEC è necessario per garantire la corretta formazione ma anche la corretta attribuzione degli incarichi di lavoro e delle nomine.

Quali sono i lavori elettrici

Si considera lavoro elettrico qualsiasi lavoro che presenti un rischio di natura elettrica, cioè che possa provocare danni alla salute per gli effetti della corrente elettrica.

Si considera lavoro elettrico qualsiasi lavoro che presenti un rischio di natura elettrica, cioè che possa provocare danni alla salute per gli effetti della corrente elettrica.

I lavori elettrici sono suddivisi in tre sottocategorie al crescere della distanza dalla parte attiva (il conduttore o la parte conduttrice destinata a essere in tensione, quindi a far passare corrente, durante il normale esercizio):

  • lavori sotto tensione;
  • lavori in prossimità;
  • lavori in vicinanza.

Minore è la distanza dalla parte attiva, maggiore è il rischio, e maggiore sono esperienza, formazione e affidabilità richieste al personale che deve effettuare l’intervento.

Minore è la distanza dalla parte attiva, maggiore è il rischio, e maggiore sono esperienza, formazione e affidabilità richieste al personale che deve effettuare l'intervento.

Che cosa significano le sigle PES PAV PEI e PEC?

Sono sigle che individuano i diversi livelli di esperienza, formazione e affidabilità in relazione all’esecuzione dei lavori elettrici:

  • PEC = persona comune, cioè non ha formazione, esperienza e competenza specifiche rispetto ai lavori elettrici;
  • PAV = persona avvertita, è il primo livello di qualifica per i lavori elettrici, individua una figura formata, con esperienza e competenza, ma non pienamente autonoma nel gestire il lavoro;
  • PES = persona esperta è il livello più alto di formazione, esperienza e competenza, quella che possiede tutti i requisiti e può operare in autonomia;
  • PEI = persona idonea, o più correttamente con idoneità, cioè un PES o un PAV che il datore di lavoro ritiene idoneo per eseguire lavori sotto tensione.

Quindi, sarebbe più corretto distinguere PEC, PES, PAV, PES con idoneità e PAV con idoneità.

PES PAV PEI e PEC sono sigle che individuano i diversi livelli di esperienza, formazione e affidabilità in relazione all'esecuzione dei lavori elettrici.

Cosa possono fare PEC, PES, PAV e PEI

La persona comune (PEC) può eseguire solo lavori non elettrici, oppure lavori elettrici in vicinanza ma sotto la supervisione di un PES o un PAV.

PES e PAV, invece, possono eseguire lavori elettrici in vicinanza e in prossimità e, se ritenuti idonei dal datore di lavoro e nominati come tali (PEI), anche lavori sotto tensione.

Detto in altri termini:

  • i lavori in vicinanza possono essere eseguiti da PES e PAV e da PEC che operano sotto la supervisione dei primi;
  • i lavori elettrici fuori tensione e in prossimità possono essere eseguiti solo da PES e PAV;
  • i lavori elettrici sotto tensione sono esclusivi di PES e PAV con idoneità (PEI).
I lavori elettrici sotto tensione sono esclusivi di PES e PAV con idoneità (PEI).

Come si ottiene la qualifica? Chi la attribuisce?

Per essere qualificati come PES, PAV o PEI è necessario seguire un corso di formazione ai sensi della norma CEI 11‐27, oltre a lavorare (acquisire esperienza) nell’ambito dei lavori elettrici e sviluppare attivamente caratteristiche personali di affidabilità e precisione.

In particolare:

  • la formazione per PES e PAV deve comprendere i livelli 1A e 1B della norma CEI 11‐27;
  • la formazione per PEI deve includere anche i livelli 2A e 2B.

Tipicamente i corsi proposti comprendono tutti i livelli, cioè il lavoratore riceve la formazione necessaria per essere qualificato indifferentemente come PES, PAV o PEI. La qualifica effettiva dipende però anche dall’esperienza e dalle caratteristiche personali (equilibrio, attenzione, precisione, affidabilità) del lavoratore, che sono oggetto di valutazione da parte del datore di lavoro al fine dell’attribuzione formale della qualifica.

La qualifica di PES, PAV e PEI non rientra tra le qualifiche contrattuali, ma viene attribuita attraverso una nomina formale.

In altri termini, il lavoratore ottiene la qualifica di PES, di PAV o di PEI dal proprio datore di lavoro, in base alla valutazione che quest’ultimo fa della sua esperienza e delle sue caratteristiche personali (fermo restando il possesso della formazione). Quindi la qualifica è soggetta a rivalutazione e possibile variazione nel tempo, sia in termini di riconoscimento di un livello superiore ma è possibile anche una riduzione del livello di qualifica sulla base dell’operato del lavoratore.

Attribuzione della qualifica: la nomina del datore di lavoro

La qualifica di PES, PAV e PEI non rientra tra le qualifiche contrattuali, ma viene attribuita attraverso una nomina formale che deve raccogliere gli elementi alla base dell’attribuzione della qualifica, prevedere un termine di rivalutazione e comprendere sempre la firma del datore di lavoro e del lavoratore. Alla formula tradizionale di “Il sottoscritto datore di lavoro nomina il sig. Tale dei Tali PES / PAV/ PEI” si devono cioè aggiungere i seguenti elementi:

  • la verifica del possesso della formazione ai sensi della norma CEI 11‐27;
  • la valutazione dell’esperienza acquisita dal lavoratore nell’ambito dei lavori elettrici;
  • la valutazione delle caratteristiche di equilibrio, attenzione, precisione, affidabilità;
  • il termine temporale della rivalutazione (per esempio semestrale o annuale).

Novità diisocianati e note sulle schede di sicurezza

Da agosto 2023 entreranno in vigore restrizioni sull'utilizzo dei diisocianati, con effetti sui produttori ma anche sugli utilizzatori.

Per effetto del Regolamento (UE) 2020/1149, da agosto 2023 entreranno in vigore alcune restrizioni sull’utilizzo dei diisocianati, con effetti sui produttori di sostanze che li contengono ma anche sugli utilizzatori.

Limitazione e vincoli per l’utilizzo dei diisocianati

Il Regolamento 1149 ha stabilito che dal 24 agosto 2023 i diisocianati non potranno essere utilizzati da soli o come costituenti in altre sostanze o in miscele per usi industriali e professionali a meno che:

  • la concentrazione di diisocianati, considerati singolarmente e in combinazione, sia inferiore allo 0,1 % in peso;
  • il datore di lavoro o il lavoratore autonomo garantisca che gli utilizzatori industriali o professionali abbiano completato con esito positivo una formazione sull’uso sicuro dei diisocianati prima di utilizzare le sostanze o le miscele.
I diisocianati sono oggetto di una classificazione armonizzata come sensibilizzanti delle vie respiratorie di categoria 1 e come sensibilizzanti della pelle di categoria 1.

Perché la limitazione

Il primo considerando del Regolamento 1149 spiega che “i diisocianati sono oggetto di una classificazione armonizzata come sensibilizzanti delle vie respiratorie di categoria 1 e come sensibilizzanti della pelle di categoria 1 a norma del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio“.

Dove si trovano i diisocianati

Sempre il primo considerando del Regolamento 1149 fa presente che i diisocianati “sono utilizzati come componenti chimici di base in un’ampia gamma di settori e applicazioni, in particolare in schiume, sigillanti e rivestimenti, tra l’altro, in tutta l’Unione“.

I diisocianati sono utilizzati come componenti chimici di base in un’ampia gamma di settori e applicazioni, in particolare in schiume, sigillanti e rivestimenti.

Cosa devono fare i datori di lavoro

Una delle risposte ai nuovi obblighi è stata la definizione dei corsi sui diisocianati come obbligatori per tutti. Pensare di formare il personale a prescindere da ogni valutazione però non è a mio avviso sostenibile (perchè bisogna comunque definire la tipologia di formazione da erogare e poi mantenerla aggiornata), oltre che scorretto rispetto alle previsioni di legge.

La strada più corretta da seguire è quella di partire dalla valutazione dei rischi:

  1. una volta analizzate le schede di sicurezza dei prodotti in uso, si dovrà integrare o aggiornare il documento di valutazione dei rischi o, in particolare, la valutazione del rischio chimico per rendere conto della presenza o dell’assenza del rischio e delle relative misure di prevenzione e protezione (ex. sostituzione di alcuni prodotti);
  2. nei casi in cui si rilevi l’utilizzo di prodotti contenenti isocianati in concentrazione superiore allo 0,1% in peso senza possibilità di una loro sostituzione, allora si dovrà definire l’obbligo di formazione, individuando i soggetti coinvolti e il tipo di formazione da erogare.
Il primo passo per adeguarsi alla nuova normativa sui diisocianati è valutare il rischio.

Requisiti della formazione sui diisocianati

La formazione sui diisocianati:

  • non è obbligatoria per tutti dal 24 agosto 2023, ma solo per i soggetti che utilizzano prodotti che contengono questi composti chimici in quantità superiore allo 0,1% in peso;
  • ha contenuti definiti dal Regolamento (UE) 2020/1149, che distingue tre livelli di formazione a seconda degli usi dei prodotti contenenti diisocianati, e quindi del grado di rischio. Si distinguono formazione generale, intermedia e avanzata;
  • deve essere erogata da un esperto in materia di salute e sicurezza sul lavoro, con competenze acquisite attraverso una pertinente formazione professionale;
  • deve essere aggiornata ogni 5 anni;
  • può essere erogata anche in modalità online.

Non è quindi definita una durata minima della formazione.

La formazione sui diisocianati deve essere erogata da un esperto in materia di salute e sicurezza sul lavoro, con competenze acquisite attraverso una pertinente formazione professionale.

A proposito delle schede di sicurezza

Le schede di sicurezza o SDS (Scheda Dati Sicurezza) sono un documento che deve accompagnare ogni fornitura di prodotti e sostanze chimiche.

Sono documenti essenziali per:

  • redigere la valutazione del rischio chimico;
  • individuare i DPI adeguati per proteggere chi utilizza il prodotto o la sostanza;
  • conoscere incompatibilità e rischi connessi all’utilizzo di un dato prodotto o di una data sostanza;
  • intervenire in modo corretto in caso di emergenza (ex. incendio, sversamento).

Ci sono due indicazioni in particolari che non mi stancherò mai di ripetere:
1. le schede di sicurezza devono essere aggiornate periodicamente (facendone richiesta al fornitore);
2. le SDS devono essere messe a disposizione degli utilizzatori.

Le schede di sicurezza sono documenti essenziali per individuare i DPI adeguati per proteggersi durante l'utilizzo dello specifico prodotto.

A proposito di aggiornamento delle schede: dall’1 gennaio 20223 tutte le SDS devono essere realizzate in conformità al formato aggiornato ai sensi del Regolamento (UE) 878/2020, il che significa che è il momento di chiederne copia aggiornata ai propri fornitori (anche se i produttori sono un po’ in ritardo nell’adeguamento).

Mentre tornando sul tema della messa a disposizione nel luogo di utilizzo, aggiungo un ultimo dettaglio: gli utilizzatori devono essere in grado di leggere i contenuti delle SDS, quindi bisogna formarli su questo argomento, schede alla mano!

Alternanza scuola lavoro e sicurezza

L'entrata in vigore del Decreto Lavoro ha riportato alla ribalta un tema essenziale lato sicurezza: la gestione dei rapporti di alternanza scuola lavoro.

L’entrata in vigore del Decreto Lavoro ha riportato alla ribalta un tema essenziale lato sicurezza: la gestione dei rapporti di alternanza scuola lavoro. Che cosa bisogna fare? Cosa cambia rispetto al passato?

Le imprese iscritte nel registro nazionale per l'alternanza integrano il proprio documento di valutazione dei rischi con un'apposita sezione.

Decreto 48/2023: alternanza scuola lavoro e sicurezza

L’articolo 17 del Decreto Lavoro, pubblicato in Gazzetta ufficiale il 04 maggio 2023 ed entrato in vigore il giorno successivo, ha introdotto il comma 784-quater all’art.1 della Legge 145 del 30/12/2018, che recita:

Le imprese iscritte nel registro nazionale per l’alternanza integrano il proprio documento di valutazione dei rischi con un’apposita sezione ove sono indicate le misure specifiche di prevenzione dei rischi e i dispositivi di protezione individuale da adottare per gli studenti nei percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento. L’integrazione al documento di valutazione dei rischi è fornita all’istituzione scolastica ed è allegata alla Convenzione.

Serve una valutazione del rischio specifica perché gli studenti, per questioni di età e di esperienza, potrebbero trovarsi a svolgere attività che non si inquadrano perfettamente in quelle previste per le mansioni definite per i lavoratori dipendenti.

Cosa cambia rispetto al passato?

Si tratta certamente di una modifica importante del testo di legge relativo all’alternanza scuola lavoro, nella misura in cui rende esplicito l’obbligo di valutazione dei rischi, il suo contenuto e le modalità di condivisione tra l’istituto scolastico e l’azienda. Di fatto, però, non è una vera e propria novità sul fronte della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro: la definizione di lavoratore contenuta nel Testo Unico Sicurezza faceva già ricadere gli studenti in alternanza tra i soggetti rispetto ai quali il datore di lavoro avrebbe dovuto effettuare la valutazione dei rischi, e non sono rare le imprese in possesso di un DVR comprensivo della valutazione specifica di questa attività.

Perché una valutazione specifica per l’alternanza scuola lavoro?

Perché gli studenti, per questioni di età e di esperienza, potrebbero trovarsi a svolgere attività che non si inquadrano perfettamente in quelle previste per le mansioni definite per i lavoratori dipendenti: una prima necessità potrebbe proprio essere quella di precisare i confini della loro operatività in azienda.

La definizione di lavoratore contenuta nel Testo Unico Sicurezza faceva già ricadere gli studenti in alternanza tra i soggetti rispetto ai quali il datore di lavoro avrebbe dovuto effettuare la valutazione dei rischi.

Ne seguirebbe una diversa identificazione dei pericoli a cui possono essere esposti e una diversa quantificazione dei rischi associati. Per cui le misure di prevenzione e protezione potrebbero essere tipiche, cioè diverse rispetto a quelle associate alle altre mansioni lavorative.

Il fatto che la valutazione debba essere specifica, non significa che sia necessario produrre un allegato al DVR. Al contrario, si può pensare a un capitolo dedicato oppure a una sezione del documento principale. Il fatto di rendere la valutazione autonoma rispetto al documentazione principale ha però il vantaggio di semplificare lo scambio con l’istituto scolastico e di contenere la quantità di informazioni aziendali che vengono trasferite all’esterno, a integrazione della convenzione scuola-azienda.

L'integrazione del DVR relativa all'alternanza scuola lavoro deve essere allegata alla convenzione tra scuola e impresa.

L’importanza dello scambio informativo

L’aspetto che ritengo più rilevante rispetto a questa novità normativa, è invece lo scambio documentale tra azienda e istituto scolastico, la cui finalità deve essere di coordinamento piuttosto che di mero passaggio di carte. Lo studente in alternanza scuola lavoro si trova infatti in una condizione intermedia tra scuola e lavoro, senza essere mero visitatore in azienda ma neppure pienamente inserito nelle dinamiche aziendali. Il coordinamento tra scuola e azienda ha quindi la possibilità di mantenere aperti due canali di vigilanza e di sensibilizzazione, a tutela effettiva dello studente.

La denuncia e la verifica dell’impianto di messa a terra

La verifica dell'impianto di messa a terra è un obbligo a carico di ogni datore di lavoro.

Ogni impianto elettrico realizzato a regola d’arte (quindi nel rispetto delle norme di riferimento) ha una componente di sicurezza chiamata impianto di messa a terra. Per effetto del DPR 462/01, ogni datore di lavoro è tenuto a gestire tale impianto provvedendo alla denuncia a INAIL e alle verifiche periodiche.

Il datore di lavoro deve denunciare l'impianto di messa a terra entro 30 giorni dalla messa in esercizio.

La denuncia a INAIL dell’impianto di messa a terra

Entro 30 giorni dalla messa in esercizio dell’impianto di messa a terra, il datore di lavoro deve provvedere a denunciarlo all’INAIL. In pratica questo significa che il datore di lavoro deve:

  1. richiedere all’installatore la dichiarazione di conformità dell’impianto di messa a terra (generalmente inclusa nella dichiarazione di conformità dell’impianto elettrico);
  2. procedere a compilare una nuova istanza di “denuncia di impianto elettrico di messa a terra” attraverso il portale CIVA, a cui si accede tramite l’area riservata del sito INAIL.
Ogni impianto elettrico realizzato ad arte ha una componente di sicurezza chiamata impianto di messa a terra. Per effetto del DPR 462/01, ogni datore di lavoro è tenuto a gestire tale impianto provvedendo alla denuncia a INAIL.

A seguito della denuncia, INAIL provvede alla verifica di completezza della pratica, che deve comprendere il pagamento della prestazioni di verifica pari a € 30 (l’avviso di pagamento è generato automaticamente dal portale), quindi trasmette al datore di lavoro la ricevuta di immatricolazione dell’impianto di messa a terra.

Verifica periodica della messa a terra

Il datore di lavoro deve inoltre far sottoporre l’impianto di messa a terra a verifica periodica da parte di soggetti abilitati. L’abilitazione è attestata mediante decreto del Ministero dello sviluppo economico, consultabile sul sito ministeriale oppure da richiedere al soggetto abilitato individuato.

Il datore di lavoro deve inoltre far sottoporre l'impianto di messa a terra a verifica periodica da parte di soggetti abilitati.

La verifica periodica ha frequenza quinquennale, tranne che per gli impianti di messa a terra installati

  1. nei cantieri;
  2. in locali adibiti a uso medico;
  3. in ambienti a maggior rischio in caso di incendio (elevato carico di incendio o presenza di attività soggette ai controlli dei Vigili del Fuoco ai sensi del D.P.R. 151/2011);

per i quali la frequenza di verifica è biennale.

Comunicazione a INAIL del soggetto abilitato

Il DPR 462/01 prevede che il datore di lavoro comunichi tempestivamente a INAIL, per via informatica, il nominativo dell’organismo che ha incaricato di effettuare le verifiche. Tale comunicazione avviene mediante una sezione dedicata del portale CIVA. Di fatto non è definito un arco temporale specifico entro cui provvedere, ma suggerisco di procedere non appena ricevuto il verbale di verifica dell’impianto da parte del soggetto abilitato e incaricato.

Il DPR 462/01 prevede che il datore di lavoro comunichi tempestivamente a INAIL, per via informatica, il nominativo dell’organismo che ha incaricato di effettuare le verifiche.

Comunicazione a INAIL di modifiche sostanziali e cessazione dell’impianto

Sempre per effetto del DPR 462/01, il datore di lavoro è tenuto a comunicazione tempestivamente a INAIL:

  • le modifiche sostanziali dell’impianto di messa a terra, intese come ampliamento e/o trasformazione;
  • la cessazione dell’impianto (la messa fuori servizio o la demolizione).

Entrambi questi tipi di comunicazioni devono essere gestite tramite il portale CIVA.

Le modifiche sostanziali dell'impianto di messa a terra, intese come ampliamento e/o trasformazione, devono essere comunicate a INAIL.

Se l’impianto è condominiale

Nel caso in cui il datore di lavoro abbia disponibilità giuridica (come proprietario o come affittuario) di un ambiente di lavoro che ricade in un contesto condominiale, potrebbe non disporre della documentazione inerente l’impianto di messa a terra in quanto questo è di norma comune per l’intero condominio. In questo caso, non sarà il datore di lavoro a dover gestire le pratiche, ma l’amministratore di condominio e il datore di lavoro potrà chiedere evidenza della gestione a quest’ultimo.

Registro dei controlli dei sistemi antincendio

Il registro dei controlli antincendio deve contenere le registrazioni di controlli e manutenzioni sui sistemi antincendio presenti nel luogo di lavoro.

Dal 25 settembre 2022 il datore di lavoro deve disporre di un registro dei controlli dove siano annotati i controlli periodici e gli interventi di manutenzione su impianti, attrezzature ed altri sistemi di sicurezza antincendio. Come deve essere realizzato? Chi lo deve compilare? Con quale frequenza?

I riferimenti normativi

Le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi (DPR 151/2011) lo hanno sempre avuto tra i propri obblighi. Con il decreto 1 settembre 2021, l’obbligo di registrazione dei controlli sui sistemi antincendio è stato introdotto in modo generalizzato in tutti gli ambienti di lavoro.

Controlli, verifiche e manutenzioni antincendio devono essere effettuati da personale specializzato.

La circolare n. 16579 del 7 novembre 2022 del Ministero dell’Interno (Direzione centrale per la prevenzione e la sicurezza tecnica del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile) ha stato ribadito che l’obbligo di esecuzione di sorveglianza, manutenzione e controllo dei sistemi antincendio e la relativa registrazione è in vigore dal 25 settembre 2022, mentre è rinviata al 25 settembre 2023 solo l’entrata in vigore dell’obbligo di qualifica dei manutentori.

Tipologie di interventi sui sistemi antincendio

Si distinguono tre tipologie di interventi: controllo periodico, manutenzione e sorveglianza.

  1. Il controllo periodico è l’insieme delle operazioni che si effettuano “con frequenza non superiore a quella indicata da disposizioni, norme, specifiche tecniche o manuali d’uso e manutenzione per verificare la completa e corretta funzionalità di impianti, attrezzature e altri sistemi di sicurezza antincendio“.
  2. La manutenzione è l’intervento tecnico che consente di ripristinare un’anomalia o un mal funzionamento.
  3. Infine, la sorveglianza è l'”insieme di controlli visivi atti a verificare, nel tempo che intercorre tra due controlli periodici, che gli impianti, le attrezzature e gli altri sistemi di sicurezza antincendio siano nelle normali condizioni operative, siano correttamente fruibili e non presentino danni materiali evidenti“.
Ogni elemento dei sistemi di sicurezza antincendio deve essere sottoposto a controllo secondo la norma tecnica di riferimento.

Mentre controlli e manutenzione devono essere eseguiti da manutentori qualificati, la sorveglianza può essere effettuata dai lavoratori normalmente presenti nell’ambiente di lavoro, adeguatamente istruiti e mediante idonee checklist.

Il registro dei controlli dei sistemi antincendio, in pratica

Per adempiere agli obblighi il datore di lavoro non deve necessariamente provvedere in prima persona a ogni passaggio, ma può formalizzare incarichi e formazione, cioè provvedere attraverso un sistema di deleghe.

Nel registro dei controlli antincendio devono essere incluse anche le attività di sorveglianza da parte del personale aziendale.

Un esempio operativo:

  1. il datore di lavoro, direttamente o tramite il proprio ufficio acquisti, conferisce un incarico di controllo e manutenzione dei sistemi antincendio a un fornitore specializzato (quindi in possesso di abilitazione ai sensi della lettera G del D.M. 37/08 e, dal 25 settembre 2023, in possesso delle necessarie qualifiche del personale), comprensivo della predisposizione e compilazione del registro dei controlli. La frequenza della verifica la definiranno sulla base delle norme tecniche di riferimento (ex. controllo semestrale per gli estintori, collaudo in funzione dell’estinguente);
  2. il datore di lavoro, direttamente o tramite l’RSPP o l’ufficio sicurezza, si accerta che il registro sia predisposto, compilato e accessibile in caso di controlli da parte gli organi di vigilanza;
  3. il datore di lavoro, direttamente o tramite i propri dirigenti, predispone, con il supporto del fornitore di cui al punto 1 e del RSPP, una checklist per la sorveglianza dei sistemi antincendio;
  4. il datore di lavoro, direttamente o tramite i propri dirigenti, individua e incarica formalmente i lavoratori addetti alla sorveglianza dei sistemi antincendio;
  5. il datore di lavoro, direttamente o tramite l’RSPP, provvede a formare i lavoratori addetti alla sorveglianza su frequenza (generalmente mensile), modalità di compilazione e conservazione della checklist di cui al punto 3.

Ispettorato Nazionale Lavoro: chiarimenti su sospensione attività

L'Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha emanato due circolari e una nota di chiarimento in merito alla nuova disciplina del provvedimento di sospensione dell'attività ex art. 14 del D. L.vo 81/08.

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha emanato due circolari e una nota di chiarimento in merito alla nuova disciplina del provvedimento di sospensione dell’attività ex art. 14 del D. L.vo 81/08. Dopo avere riassunto le previsioni del testo di legge, di seguito riporto i riferimenti e sintetizzo i contenuti dei chiarimenti dell’INL.

Prima circolare dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro in materia di sospensione dell'attività.

Circolare n. 3/2021 del 09/11/2021

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro evidenzia 4 punti.

  1. La nuova disciplina del provvedimento di sospensione non prevede più una discrezionalità di applicazione da parte del personale ispettivo, cioè la sospensione è imposta in caso di accertamento delle violazioni che la prevedono. Resta in capo all’ispettore la valutazione circa l’opportunità di farne decorrere gli effetti in un momento successivo, come le ore dodici del giorno lavorativo successivo o alla cessazione dell’attività lavorativa in corso che non può essere interrotta, salvo che non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità. Per cui, di norma, il provvedimento di sospensione per motivi di salute e sicurezza dovrà essere adottato con effetto immediato.
  2. In caso di lavoro irregolare la soglia si abbassa dal 20 al 10% dei lavoratori e la percentuale viene calcolata sul numero di lavoratori presenti sul luogo di lavoro al momento dell’accesso ispettivo, quindi l’eventuale regolarizzazione durante l’ispezione non ha valore e il provvedimento non può essere evitato. La violazione dell’obbligo di comunicazione preventiva all’assunzione è però da escludere per i soggetti per i quali non sussista tale obbligo, come nel caso di soci e coadiuvanti familiari che, tuttavia, vengono conteggiati per definire il numero complessivo dei lavoratori presenti e rispetto al quale calcolare la percentuale di irregolari.
  3. L’elenco delle violazioni in materia di salute e sicurezza individuate nell’Allegato I è esaustivo e tassativo, non esemplificativo.
  4. Gli effetti del provvedimento di sospensione sono circoscritti alla singola unità produttiva rispetto ai quali sono stati verificati i presupposti per la sua adozione il che, nel caso dell’edilizia, equivale al singolo cantiere o ai singoli lavoratori interessati dalla violazione (ex. solo il personale non formato o addestrato o non in possesso dei necessari dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto).
Seconda circolare dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro in materia di sospensione dell'attività.

Circolare n. 4/2021 del 09/12/2021

L’INL sottolinea la necessità di un coordinamento con le ASL e l’opportunità di procedere, laddove ricorrano sia violazioni di cui all’Allegato I sia fattispecie di lavoro “nero”, all’adozione di un unico provvedimento di sospensione e di un unico provvedimento di revoca.

In chiusura della circolare viene inoltre specificato che, in caso di adozione del provvedimento di sospensione, dato che il provvedimento evidenzia la sostanziale assenza di un sistema di sicurezza aziendale, gli ispettori dovranno valutare, successivamente alla revoca del provvedimento di sospensione, l’estensione dell’accertamento a
tutti i profili di competenza e in particolare a quelli attinenti alla salute e sicurezza
, attivando anche nuovi accessi e avvalendosi, ove necessario, delle Unità di progetto Sicurezza già costituite ovvero delle opportune sinergie con le ASL.

Per il resto la circolare fornisce le condizioni di dettaglio in cui può essere adottato il provvedimento di sospensione per ciascuna delle violazioni di cui all’Allegato I.

Per esempio, in relazione alla mancata redazione del DVR viene specificato che l’adozione del provvedimento di sospensione è possibile solo in caso di accertata assenza di DVR, mentre nel caso in cui l’impresa segnalasse che il documento è conservato in altro luogo il provvedimento dovrebbe avere una decorrenza differita alle ore 12:00 del giorno lavorativo successivo, termine entro il quale il datore di lavoro potrà provvedere all’eventuale esibizione del documento e, nel caso in cui il DVR rechi data certa antecedente all’emissione del provvedimento di sospensione, sarà possibile procedere all’annullamento dello stesso.

Terza circolare dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro in materia di sospensione dell'attività.

Nota INL n. 1159 del 07/06/2022

La nota risponde al quesito in merito all’applicabilità del provvedimento nel caso in cui l’interruzione delle attività “potrebbe comportare gravi conseguenze ai beni ed alla produzione (ad es. nel settore agricolo o in quello zootecnico) nonché la compromissione del regolare funzionamento di un servizio pubblico“.

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha precisato che:

  • il provvedimento di sospensione non va adottato quando l’interruzione dell’attività svolta dall’impresa determini a sua volta una situazione di pericolo per l’incolumità dei lavoratori della stessa o delle altre imprese che operano nell’ambiente di lavoro;
  • la mancata adozione del provvedimento di sospensione è da considerare una estrema ratio e il personale ispettivo deve valutare ogni fattispecie e, in caso non adotti la sospensione, deve motivare adeguatamente la scelta;
  • si può ritenere motivata la mancata adozione della sospensione per un servizio pubblico in assenza di valide alternative che possano garantire l’esercizio di diritti spesso di rango costituzionale (ex. attività di trasporto, di fornitura di energia elettrica), così come per l’attività di allevamento di animali da cui deriverebbero conseguenze di natura igienico sanitaria legate al mancato accudimento;
  • nel caso in cui l’adozione del provvedimento non abbia ragioni per essere esclusa, ma la sua adozione possa comportare significativi danni per ragioni tecniche, sanitarie o produttive (ex. per l’interruzione di cicli produttivi avviati o danni agli impianti per l’improvvisa
    interruzione), è opportuno considerare di posticipare gli effetti della sospensione in un momento successivo a quello dell’adozione del provvedimento, come può essere la fine di un turno lavorativo o o del ciclo produttivo in corso dalla cui interruzione possano derivare conseguenze gravi di natura economica (ex. raccolta dei frutti maturi, vendemmia in corso) e sempre che dal posticipo degli effetti della sospensione non derivino rischi per la
    salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità.

Sospensione dell’attività ex art. 14 del TUS

L'art. 14 del TUS relativo al provvedimento di sospensione dell'attività è stato modificato a dicembre 2021.

Tra le ultime modifiche (dicembre 2021) al Testo Unico Sicurezza, voglio portare la tua attenzione a quelle che hanno riguardato l’art. 14 (“Provvedimenti degli organi di vigilanza per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori“), relativo alla sospensione dell’attività imprenditoriale. Ti invito ad approfondire la questione perché tu possa avere chiaro quali violazioni espongono al provvedimento della sospensione dell’attività e come funziona l’applicazione del provvedimento.

La sospensione dell’attività da dicembre 2021

La sospensione dell’attività è un provvedimento che può essere adottato:

  • quando l’Ispettorato del Lavoro riscontra in fase di ispezione che almeno il 10% dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro risulta occupato irregolarmente, ossia senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro oppure inquadrato come lavoratore autonomo occasionale in assenza delle condizioni richieste dalla normative
  • in caso di gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro di cui all’Allegato I accertate dall’ASL/ATS o dall’Ispettorato del lavoro.
Quando l'Ispettorato del Lavoro riscontra in fase di ispezione che almeno il 10% dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro risulta occupato irregolarmente viene applicato il provvedimento della sospensione dell'attività.

Di seguito l’elenco delle violazioni individuate nell’Allegato I.

  1. Mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi (DVR)
  2. Mancata elaborazione del Piano di Emergenza ed evacuazione
  3. Mancata formazione e addestramento
  4. Mancata costituzione del servizio di prevenzione e protezione e nomina del relativo responsabile
  5. Mancata elaborazione piano operativo di sicurezza (POS)
  6. Mancata fornitura del dispositivo di protezione individuale contro le cadute dall’alto
  7. Mancanza di protezioni verso il vuoto
  8. Mancata applicazione delle armature di sostegno, fatte salve le prescrizioni desumibili dalla relazione tecnica di consistenza del terreno
  9. Lavori in prossimità di linee elettriche in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi
  10. Presenza di conduttori nudi in tensione in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi
  11. Mancanza di protezione contro i contatti diretti ed indiretti (impianto di terra, interruttore magnetotermico, interruttore differenziale)
  12. Omessa vigilanza in ordine alla rimozione o modifica dei dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo
  13. Mancata notifica all’organo di vigilanza prima dell’inizio dei lavori che possono comportare il rischio di esposizione all’amianto
Gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro sono una delle causa di sospensione dell'attività.

Come si applica e che cosa comporta

Se in passato la sospensione interveniva in caso di reiterazione (ripetizione) della violazione, da dicembre 2021 il provvedimento di sospensione viene adottato da subito, nel momento in cui la violazione viene rilevata.

Per tutto il periodo di sospensione è vietata la contrattazione con la pubblica amministrazione e con le stazioni appaltanti, pertanto l’organo ispettivo dà comunicazione del provvedimento all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) e al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. Inoltre il datore di lavoro è tenuto a corrispondere la retribuzione e a versare i relativi contributi ai lavoratori interessati dall’effetto del provvedimento di sospensione (ex. irregolari che devono essere regolarizzati o lavoratori da formare o da addestrare).

Unitamente al provvedimento di sospensione l’Ispettorato Nazionale del Lavoro può imporre specifiche misure che ritiene necessarie per far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro.

La revoca del provvedimento di sospensione richiede la risoluzione delle irregolarità e il pagamento di una somma aggiuntiva.

La revoca del provvedimento di sospensione richiede:

  • la regolarizzazione dei lavoratori, anche sotto il profilo degli adempimenti in materia di salute e sicurezza;
  • in caso delle violazioni di cui all’Allegato I, l’accertamento del ripristino di condizioni di lavoro salubri e sicuri e la rimozione delle conseguenze pericolose delle violazioni;
  • il pagamento di una somma aggiuntiva, pari agli importi previsti dall’art.14 e dall’Allegato I.

Nel caso in cui siano state riscontrate più violazioni, concernenti le fattispecie indicate nell’Allegato I e/o l’impiego di lavoratori “in nero”, l’importo utile alla revoca sarà dato dalla somma di quanto indicato accanto a ciascuna fattispecie.

E se gli ispettori sono a conoscenza dell’adozione, nei cinque anni precedenti, di un provvedimento di sospensione a carico della medesima impresa, anche sulla base della previgente normativa e anche in forza di violazioni diverse da quelle da accertate durante l’ultima ispezione, gli importi delle “somme aggiuntive” dovute saranno raddoppiati, evidenziando nel provvedimento la sussistenza della “recidiva” che ha dato luogo alla maggiorazione degli importi.

Preposto di fatto vs. preposto individuato

Il preposto di fatto è il soggetto che viene individuato come tale in funzione delle attività che svolge nella sua quotidianità a prescindere da una nomina formale.

Le modifiche al Testo Unico Sicurezza di fine 2021 hanno riportato l’attenzione sul tema dell’individuazione e della formazione dei preposti, mettendo in risalto la contrapposizione tra preposto di fatto e preposto nominato. Ma in cosa consiste questa contrapposizione? Che cosa comporta? È davvero una contrapposizione?

Preposto di fatto

Preposto lo è chi preposto lo fa” recita in modo molto esaustivo una vignetta online. Ci ricorda che, sin dalla sua pubblicazione, il D. L.vo 81/08 ha previsto che, in assenza di una specifica individuazione del preposto, questa possa avvenire in sede di giudizio sulla base del principio di effettività: sei preposto se svolgi i compiti del preposto, a prescindere dalla formazione ricevuta e da un atto formale di nomina.

Formare i preposti senza nominarla non garantisce la consapevolezza del proprio ruolo da parte dei lavoratori.

In termini operativi questo ha portato alla prassi aziendale di formare alcuni lavoratori come preposti, senza però procedere alla loro formale individuazione e nomina: svolgi attività di preposto e quindi ti formo come tale, ma non c’è scritto da nessuna parte (DVR, organigramma o nomina specifica) che sia proprio tu il preposto.

Allo stesso tempo il concetto di preposto di fatto ha fatto comprendere che non è sufficiente formare e nominare qualcuno per renderlo preposto, ma che per essere preposti si deve occupare una posizione gerarchica specifica, quindi avere responsabilità e autorità adeguate al ruolo.

Non è sufficiente formare e nominare qualcuno per renderlo preposto: si deve occupare una posizione gerarchica specifica, quindi avere responsabilità e autorità adeguate al ruolo.

Preposto individuato e nominato

Parallelamente alla prassi di formare i preposti senza nominarli, si è sviluppata quella di formarli e nominarli, quindi individuarli attraverso un atto formale che ricordasse compiti e responsabilità e richiedesse una firma per ricevuta. Anche se il Testo Unico Sicurezza non faceva in passato esplicito riferimento all’obbligo di individuazione dei preposti, la logica di molti è stata quella di garantire trasparenza e comunicazione dei ruoli, attuando il principio della delega. Forse anche sulla spinta delle richieste degli standard BS OHSAS 18001 e ISO 45001 relativi ai sistemi di gestione della salute e sicurezza sul lavoro.

Effettività vs. individuazione

Esiste una differenza rilevante tra preposto individuato e preposto nominato?

In termini formali sì, nella misura in cui il primo può essere un soggetto il cui nome sia stato riportato su un documento aziendale in corrispondenza della voce “preposto” senza avere dovuto sottoscrivere un incarico formale, mentre il secondo ha sottoscritto la sua nomina. In termini sostanziali quello che conta è che si tratta di un lavoratore al quale il datore di lavoro ha riconosciuto una funzione specifica e questo riconoscimento è formalizzato in un documento.

Il preposto individuato non è necessariamente nominato, la differenza la fa l'eventuale sottoscrizione di un incarico formale.

Cosa cambia con l’obbligo di individuazione del preposto

Due le novità principali:

  1. la mancata individuazione del preposto diventa violazione della norma e come tale motivo di contestazione in caso di illecito (con possibilità di coinvolgere in caso di mancata vigilanza la responsabilità di dirigenti e datori di lavoro);
  2. viene disincentivata la prassi di affidare la vigilanza in materia di sicurezza a figure di fatto, potenzialmente meno consapevoli dei propri compiti e delle proprie responsabilità, e incentivato un approccio che miri a organizzare in modo puntuale il servizio di prevenzione in azienda.

Piano di emergenza ed evacuazione e simulazioni

Il piano di emergenza ed evacuazione è un corollario della valutazione del rischio incendio ed esplosione.

Eccoci all’ultima parte dell’analisi dei 3 decreti antincendio del settembre 2021: dopo aver parlato di formazione, manutenzione dei dispositivi antincendio e valutazione del rischio, oggi voglio approfondire il tema del piano di emergenza ed evacuazione e delle simulazioni delle emergenze (che non sono solo una prova di evacuazione!).

Piano di emergenza ed evacuazione secondo il decreto 2 settembre 2021

Il piano di emergenza ed evacuazione è un corollario della valutazione del rischio incendio ed esplosione e serve per individuare la misure che devono essere adottate per la prevenzione e la protezione del rischio sia in condizioni di esercizio che in condizioni di emergenza.

Il piano di emergenza ed evacuazione deve definire le modalità di chiamata dei soccorsi esterni.

Le misure di prevenzione e protezione in esercizio

La nomina degli addetti alla gestione emergenze, la definizione delle procedure di esodo e delle azioni da porre in atto in caso di emergenza, l’informazione e la formazione del personale (non solo degli addetti antincendio!) e le esercitazioni antincendio sono tutte misure da porre in atto in condizioni di esercizio.

Questo significa che il piano di emergenza ed evacuazione non stabilisce solo ciò che deve essere fatto in caso di emergenza, ma anche tutti i passi necessari per prepararsi alla gestione dell’emergenza e che devono essere definiti e realizzati prima del verificarsi dell’emergenza stessa.

Il dettaglio di queste misure è definito nell’Allegato I al decreto 2 settembre 2021.

Il piano di emergenza ed evacuazione deve definire la modalità di comunicazione dell'emergenza a tutti i reparti aziendali.

Le misure di prevenzione e protezione in emergenza

L’Allegato II al decreto 2 settembre 2021 si occupa di tali misure: in parte vengono richiamati aspetti già citati nell’Allegato I, come la definizione delle vie d’esodo e le modalità di richiesta dei soccorsi esterni (chiamata ai Vigili del Fuoco), ma poi si pone l’accento su aspetti di dettaglio, come l’ubicazione di locali a rischio specifico, l’eventuale identificazione di ascensori utilizzabili in caso di emergenza e le modalità per fornire assistenza alle persone con esigenze speciali (ex. persone diversamente abili, donne in stato di gravidanza, anziani, bambini, persone con disabilità temporanea).

Si tratta in questo caso di aspetti pensati in condizioni di esercizio, ma destinati a essere messi in atto durante l’eventuale situazione di emergenza.

Le misure di prevenzione e protezione in emergenza comprendono le modalità per fornire assistenza alle persone con esigenze speciali.

Piano di emergenza ed evacuazione semplificato

Per gli esercizi aperti al pubblico ove

  1. sono occupati meno di 10 lavoratori;
  2. è prevista la presenza contemporanea di non più di 50 persone;
  3. non sono presenti attività soggette ai controlli di prevenzione incendi;

il datore di lavoro può predisporre misure semplificate per la gestione dell’emergenza costituite da planimetrie e indicazioni schematiche delle misure previste dall’Allegato II.

Non solo prove di evacuazione, ma simulazioni delle emergenze

Il decreto prevede che i lavoratori partecipino a esercitazioni antincendio con cadenza almeno annuale, salvo diverse indicazioni contenute nelle specifiche norme e regole tecniche di prevenzione incendi. Il personale la cui attività è essenziale al mantenimento delle condizioni di sicurezza del luogo di lavoro possono essere escluse dalle esercitazioni, ma prevedendo un meccanismo di rotazione.

Il decreto prevede che i lavoratori partecipino a esercitazioni antincendio con cadenza almeno annuale.

Le esercitazioni riguardano:

  1. le procedure di esodo;
  2. le procedure di primo intervento.

Il decreto specifica solo per i luoghi di lavoro di piccole dimensioni che le esercitazioni devono prevedere almeno:
– la percorrenza delle vie d’esodo;
– l’identificazione delle porte resistenti al fuoco, ove esistenti;
– l’identificazione e localizzazione dei dispositivi di allarme;
– l’identificazione e localizzazione delle attrezzature di estinzione.

Le esercitazioni devono essere ripetute in caso di variazione delle misure di prevenzione e protezione e e del sistema di esodo, anche se adottate a seguito di carenze riscontrate nel corso delle precedenti simulazioni, incremento significativo del numero dei lavoratori e dell’affollamento complessivo.

Le esercitazioni antincendio comprendono le procedure di esodo e di primo intervento.

Nelle esercitazioni si possono coinvolgere anche ulteriori persone presenti normalmente durante l’esercizio dell’attività (ex. utenti, pubblico, personale delle ditte di manutenzione, appaltatori) e nella loro programmazione si deve tenere conto delle situazioni di notevole affollamento e della presenza di persone con specifiche esigenze.

Infine, le esercitazioni devono essere documentate e, in caso di coesistenza di più imprese in uno stesso edificio, i datori di lavoro devono collaborare e coordinarsi per la realizzazione delle esercitazioni antincendio.

Perché la questione non è solo quella di raggiungere il punto di raccolta ma, in funzione delle caratteristiche dell’ambiente di lavoro, di disattivare impianti, gestire eventuali persone infortunate o in difficoltà, trasmettere il messaggio di allarme in modo corretto e ai tutti i reparti…