La formazione per attività in ambienti sospetti di inquinamento o confinati

Non è mio interesse in questo momento ricostruire il contenuto della normativa di riferimento per individuare quale sia la definizione di ambienti sospetti di inquinamento o confinati e quali siano i requisiti per eseguire attività al loro interno introdotti dal DPR 177/2011Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti, a norma dell’articolo 6, comma 8, lettera g), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81“.

Piuttosto mi interessa sottolineare come la formazione richiesta per i soggetti coinvolti nell’esecuzione delle attività in questi ambienti risulti a oggi priva di un riferimento univoco in termini di durata, contenuti e frequenza di aggiornamento, con la conseguenza che i soggetti formatori sviluppano proposte molto variegate tra le quali i non addetti ai lavori faticano a orientarsi. E le differenze spesso non riguardano solo la durata (8, 12 o 16 ore sono le opzioni più diffuse), ma anche le differenze dei percorsi di formazione a seconda del ruolo specifico (addetti all’esecuzione dell’attività, RSPP, datore di lavoro, Coordinatori Sicurezza, rappresentante del datore di lavoro committente).

La formazione richiesta per i soggetti coinvolti nell'esecuzione delle attività in questi ambienti risulti a oggi priva di un riferimento univoco in termini di durata, contenuti e frequenza di aggiornamento.

In attesa dell’accordo Stato- Regioni che l’art. 2, comma 1, lettera d) del DPR 177/2011 aveva previsto venisse emanato entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto (23.11.2011) per definire “i contenuti e le modalità della formazione“, non resta che affidarsi al proprio formatore/ ente di formazione di fiducia per individuare il percorso che meglio risponda alla tipologia specifica di interventi che vengono svolti dall’impresa o dal lavoratore autonomo, in termini di durata e frequenza di aggiornamento.

Ma ci sono indicazioni istituzionali?

Uno dei riferimenti a mio avviso più strutturati e completi sul tema della gestione delle attività in ambienti sospetti di inquinamento o confinati sono “Le linee di indirizzo” del Consiglio Nazionale degli Ingegneri (versione aggiornata a gennaio 2020).

Il grande pregio di questo documento è la trattazione strutturata di tutti gli aspetti di gestione dell’attività, partendo dai requisiti del testo di legge di riferimento, il DPR 177/2011, fino a una sintesi ragionata di pubblicazioni istituzionali e norme tecniche.

In attesa di specifico accordo Stato- Regioni, non resta che affidarsi al proprio formatore/ ente di formazione di fiducia per individuare il percorso che meglio risponda alla tipologia specifica di interventi che vengono svolti dall'impresa o dal lavoratore autonomo, in termini di durata e frequenza di aggiornamento.

Tra gli aspetti analizzati, ovviamente, non manca quello relativo a formazione, informazione e addestramento di tutti i soggetti coinvolti nella gestione di tale attività. La conclusione alla quale arriva il documento non è diversa da quella dominante: mancano indicazioni univoche e si attende l’emanazione di specifico accordo Stato- Regioni.

Nell’analisi dell’argomento specifico, però, il documento raccoglie possibili spunti da utilizzare per progettare la formazione e, in merito alla questione della durata dei corsi, a conclusione del capitolo “Organizzazione e metodologia” di pagina 17, afferma:

La maggior parte dei documenti tecnici di riferimento emessi dagli enti istituzionali fornisce indicazione di durata minima del percorso di formazione e addestramento in ambito ambienti confinati pari a 16 ore.

E aggiungo che, il quaderno tecnico predisposto dal Dipartimento Medico di Prevenzione della ASL di Milano per EXPO 2015, citato anche dalle linee di indirizzo del Consiglio Nazionale degli ingegneri (CNI), parla di durata minima di 16 ore

In riferimento alla frequenza di aggiornamento, e linee di indirizzo del CNI richiamano quale "fondamento normativo" il  comma 6 dell’art. 37 del D.Lgs. n.81/2008 e, a seguire,  l'Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011 con l'indicazione dell'aggiornamento quinquennale, che, in pratica, viene utilizzato come riferimento nei casi in cui il legislatore non abbia esplicitato la relativa frequenza di aggiornamento.

Concludo con un riferimento alla frequenza di aggiornamento, elemento ancor più evanescente degli altri per questo tipo di formazione, al punto che sono davvero pochi i soggetti formatori che prevedono a catalogo il corso di aggiornamento per ambienti sospetti di inquinamento o confinati. In merito a questo aspetto, le linee di indirizzo del CNI richiamano quale “fondamento normativo” il comma 6 dell’art. 37 del D.Lgs. n.81/2008 e, a seguire, l’Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011 con l’indicazione dell’aggiornamento quinquennale, che, in pratica, viene utilizzato come riferimento nei casi in cui il legislatore non abbia esplicitato la relativa frequenza di aggiornamento.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *